Con due pronunce pubblicate il 18 luglio scorso, nn. 19310/2019 e 19319/2019, la Suprema Corte abbraccia il consolidato orientamento, applicandolo al caso di un trust autodichiarato: la semplice istituzione di un trust di questo tipo, con conferimento di beni, non è presupposto sufficiente per l’applicazione dell’imposta sulle donazioni in misura proporzionale.

Anche caso di trust autodichiarato, dove le figure di disponente e trustee coincidano, rispettando i principi legati alla capacità contributiva ex art. 53 Costituzione, è legittima l’applicazione dell’imposta proporzionale solo quando si sia effettivamente verificato che il trasferimento a favore dell’attuatore faccia emergere una nuova potenziale capacità economica nel destinatario del trasferimento. Per l’applicazione dell’imposta sulle successioni e sulle donazioni manca, quindi, il presupposto impositivo della liberalità, alla quale può dar luogo soltanto un reale arricchimento mediante un reale trasferimento di beni e diritti, secondo quanto stabilito dall’articolo 1 del Decreto Legislativo n. 346/1990.

Tali principi risultano sostanzialmente condivisi dalle due pronunce.
Tuttavia, mentre la sentenza n. 19319 si incanala nel solco tracciato dalle numerose pronunce emanate fra gennaio e luglio, la n. 19310 contiene alcune affermazioni che, almeno in parte, paiono allontanare nuovamente la Suprema Corte da quello che sembrava un orientamento ormai consolidato.

Nella sentenza n. 19310 si rileva infatti come, a parere della Cassazione, l’imposta proporzionale non vada applicata al momento della dotazione in trust nei soli casi in cui il destinatario finale non sia esattamente individuato potendo, nella fattispecie, i beni ritornare al disponente al verificarsi di una determinata situazione.

Ma tale affermazione si presenta contradditoria sia con i principi generali enunciati nella prima parte della sentenza, sia con quanto ripetutamente affermato dalla suprema Corte anche nello stesso giorno, con la sentenza n. 19319.

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