La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 13844 del 5 aprile 2024 ha chiarito che integra il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte di cui all’art. 11 del d.lgs. 74/2000, la costituzione di un trust finalizzato alla sottrazione di beni all’erario, poiché la necessità della declaratoria giudiziale per superare l’effetto segregativo dell’atto dispositivo rende più difficoltoso il recupero del credito erariale.

Nel caso in esame, il GIP del Tribunale di Oristano nel 2023 aveva disposto il sequestro preventivo di una somma pari ad euro 1.025.150,00 e dei beni costituenti il patrimonio segregato in un trust riconducibile a L.S. Il trust era stato apparentemente istituito nel 2012 per garantire alla madre del disponente, successivamente deceduta nel 2018, un decoroso stile di vita, ma dalle indagini risultava che i beni non fossero mai di fatto usciti dalla sfera giuridica del disponente che continuava a gestirli e a disporne. Nel 2022 veniva prorogata di 50 anni la durata del trust, senza indicazione di un nuovo beneficiario ed in concomitanza ad esposizioni debitorie del disponente e a prossime azioni di riscossione coattiva a carico dello stesso. L’indagato proponeva dunque richiesta di riesame al Tribunale di Oristano, il quale, tuttavia, rigettava l’istanza. Secondo il Tribunale, L.S., al fine di sottrarsi al pagamento delle imposte sui redditi e sul valore aggiunto, avrebbe posto in essere atti fraudolenti idonei a rendere inefficace la procedura di riscossione coattiva, segregando i suoi immobili in un trust e rendendo invisibile la sua attività imprenditoriale, utilizzando come schermo delle società intestate a prestanome. L.S. ricorreva dunque in Cassazione. A parere del ricorrente la motivazione del Tribunale del riesame sarebbe stata viziata poiché riteneva sussistente il fumus del reato nella costituzione del trust, senza tener conto che i beni confluiti nel trust erano gravati da due ipoteche di primo grado iscritte in favore dell’ente di riscossione, Beta S.p.a. che, per la iscrizione ipotecaria antecedente, sono inopponibili al trust, sicché il creditore esattoriale non incontrerebbe, diversamente da quanto ritenuto dal Tribunale del riesame, alcun ostacolo alla riscossione.

La Suprema Corte ha respinto il ricorso sottolineando che «integra il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte anche la stipulazione di un negozio giuridico simulato, poiché la necessità della declaratoria giudiziale per superare l’effetto segregativo dell’atto dispositivo rende più difficoltoso il recupero del credito erariale». Integra la fattispecie di negozio giuridico simulato il trust autodichiarato o shame trust ovvero il trust in cui il disponente mantiene il controllo dei beni oppure quando ne può disporre come cosa propria.

Nel caso di specie i giudici di secondo grado hanno indicato precise circostanze in base alle quali hanno ritenuto che il trust non fosse stato costituito per le sue legittime finalità, ma per sottrarre i beni all’erario, quindi con una finalità fraudolenta, posto che la sua costituzione è avvenuta successivamente all’accumulo del debito erariale ed è stato accompagnato da una serie di atti volti a non comparire quale reale titolare di società.

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