La Corte di Cassazione con ordinanza n. 31857 del 15 novembre 2023 ha ribadito che la retrocessione del patrimonio in trust, per via di recesso o di rinuncia definitiva alla distribuzione dei beni da parte di tutti i beneficiari, non sconta l’imposta sulle successioni e donazioni poiché viene meno il presupposto d’imposta e comporta l’impossibilità di realizzare il programma negoziale predisposto dal disponente. Quindi, la retrocessione del patrimonio segregato in trust è un fenomeno del tutto neutrale ai fini dell’imposta sulle successioni e donazioni anche nell’ipotesi in cui i beni che lo compongono non siano gli stessi di quelli a suo tempo conferiti.

Nel caso di specie, la controversia si riferisce ad un ricorso avverso un avviso di liquidazione per imposta di successione, catastale ed ipotecaria relativa ad un atto istitutivo di trust stipulato nel 2016. In seguito, il trust era cessato ed il fondo in trust era ritornato in capo al disponente. Seconda la ricorrente la retrocessione dei beni era stato solo un effetto automatico della cessazione del trust senza rilevanza ai fini impositivi, perché mero riflesso di una sopravvenuta inadeguatezza dello stesso. I giudici di primo e secondo grado avevano respinto l’appello.

Come evidenziato dalla Corte di Cassazione “il recesso o la rinuncia definitiva di tutti i beneficiari del trust, specificamente individuati, alla distribuzione dei beni e alla realizzazione dello scopo impresso dall’atto istitutivo, senza che questo nulla preveda al riguardo, comporta, al pari di quanto accade quando il beneficiario manchi fin dall’origine, l’impossibilità di realizzare il programma negoziale predisposto dal disponente e il ritorno a quest’ultimo del trust fund, con la conseguenza che l’anticipata cessazione del trust fa venir meno il presupposto di imposta (dato dall’originaria istituzione del vincolo e dalla finale attribuzione beneficiaria) in quanto priva l’operazione della potenzialità di arricchimento gratuito da parte dei terzi, impedendo la manifestazione della capacità contributiva oggetto del tributo, mentre resta fiscalmente irrilevante l’automatica retrocessione dei beni non più segregati, in quanto mero riflesso della sopravvenuta inadeguatezza del vincolo di destinazione alla realizzazione dell’arricchimento del beneficiario”. Dunque, “l’istituzione di un trust ed il conferimento in esso di beni che ne costituiscono la dotazione sono atti fiscalmente neutri, in quanto non danno luogo ad un passaggio effettivo e stabile di ricchezza, ad un incremento del patrimonio del trustee, che acquista solo formalmente la titolarità dei beni, per poi trasferirla al beneficiario finale, sicché non sono soggetti all’imposta sulle successioni e donazioni, prevista dall’art. 2, comma 47, del d.l. n. 262 del 2006, conv. in l. n. 286 del 2006, che sarà dovuta, invece, al momento del trasferimento dei beni o diritti dal trustee al beneficiario, e solo questa interpretazione è conforme ai principi delineati dall’art. 53 Cost., secondo cui l’imposizione non deve essere arbitraria ma ragionevole, connessa ad un effettivo indice di ricchezza”.

La Corte di Cassazione ha ritenuto manifestamente fondata la doglianza e ha cassato con rinvio la sentenza impugnata sottolineando che “quanto osservato in ordine alla non individuabilità, nella costituzione del vincolo, di un autonomo presupposto di imposta vale anche ad escludere che l’atto di retrocessione, così come l’atto istitutivo del trust e quelli di dotazione/provvista del medesimo, siano alternativamente assoggettabili all’imposta sulle donazioni, di questa mancando, infatti, gli elementi costitutivi rappresentati sia dalla liberalità sia dal concreto arricchimento mediante effettivo trasferimento di beni e diritti, secondo quanto evincibile dall’art. 1 TU n. 346 del 1990”.

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