La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 32484 del 22 novembre 2023, ha chiarito che è legittimo modificare la clausola di un fondo patrimoniale, successivamente alla sua costituzione, prevendendo la possibilità di alienare, ipotecare o dare in pegno beni del fondo, con il solo consenso di entrambi i coniugi, anche in presenza di figli minori, senza l’autorizzazione del giudice.

Il fondo patrimoniale è uno strumento giuridico che consente a uno o ad entrambi i coniugi ovvero ad un terzo di destinare al soddisfacimento dei bisogni della famiglia beni immobili, beni mobili iscritti in pubblici registri o titoli di credito. L’art. 169 del Codice Civile stabilisce che non è consentito alienare, ipotecare, dare in pegno o comunque vincolare i beni del fondo patrimoniale se non con il consenso di entrambi i coniugi e, se vi sono figli minori, con l’autorizzazione di un giudice e, comunque, nei soli casi di necessità o utilità evidente, a meno che sia stata inserita in sede di costituzione del fondo una clausola che deroghi a tale principio. 

Nel caso di specie due coniugi avevano costituito un fondo patrimoniale, nel quale avevano conferito la propria abitazione familiare. Successivamente gli stessi procedevano alla modifica delle clausole che regolavano il fondo prevedendo la possibilità di concedere un’ipoteca sull’immobile, anche senza l’autorizzazione del giudice, per ottenere un finanziamento propedeutico al risanamento economico della società di famiglia. 

La Suprema Corte ha stabilito che è ammissibile l’inserimento di una clausola contraria a quanto stabilito nella fase costitutiva del fondo patrimoniale, nei limiti e coerentemente agli interessi della famiglia, poiché l’art. 169 del Codice civile mira a circoscrivere la libera circolazione dei beni confluiti nel fondo patrimoniale, per fare in modo che gli stessi restino a garanzia del soddisfacimento delle esigenze familiari, ma ciò senza stabilire un vincolo di indisponibilità assoluta che potrebbe essere controproducente per gli interessi della famiglia stessa ove questa si trovasse nella necessità di liquidare alcuni beni del fondo per le proprie esigenze.

Tuttavia, resta comunque ferma l’applicabilità dell’ultima parte dell’art. 169 del Codice Civile laddove stabilisce che le decisioni negoziali di alienare, ipotecare, dare in pegno o comunque vincolare i beni del fondo patrimoniale devono essere in ogni caso giustificate da una necessità per il bene della famiglia.

Un creditore può dunque ipotecare e anche pignorare i beni nel fondo, se il debito sia sorto per far fronte agli interessi della famiglia. Nello specifico, si può disporre dei beni nel fondo solo a vantaggio della famiglia e l’iscrizione ipotecaria e l’esecuzione dei beni conferiti sono possibili solo quando il credito sia stato acquisito per soddisfare i bisogni della famiglia stessa.

La Corte di Cassazione ha ritenuto quindi valida la modifica della clausola inserita nel fondo patrimoniale poiché aveva consentito di sostenere la società di famiglia, che costituiva la loro prevalente forma di sostentamento, attraverso il ricorso a finanziamenti bancari.

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