La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 10472 del 19 aprile 2023, in attuazione di un innovativo principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 6459 del 6 marzo 2020, ha stabilito che la proprietà di un immobile può essere dimostrata anche attraverso una semplice scrittura privata e quindi senza un atto pubblico. Affinché la scrittura privata assuma valore è necessario che tra le parti intercorra un patto fiduciario. Tale patto fiduciario immobiliare non richiede la forma scritta ad substantiam.

Il patto fiduciario è il contratto con cui un soggetto, detto fiduciante, trasferisce un bene ad un altro soggetto, il fiduciario, il quale si obbliga a conservarlo e amministrarlo secondo determinati criteri e a ritrasferirlo successivamente al fiduciante o a un terzo. Se nel frattempo dovessero sorgere delle controversie, il fiduciante potrebbe rivendicare la proprietà dell’immobile grazie alla suddetta scrittura privata. La Cassazione ha infatti riconosciuto che il fiduciante, ovvero colui che non figura come proprietario dell’immobile, non ha l’obbligo di dimostrare l’esistenza del patto fiduciario, a patto che disponga di un documento scritto in cui il fiduciario ammette di non essere il proprietario del bene.

Nel caso di specie, l’attrice aveva citato in giudizio l’ex compagno domandando di essere dichiarata comproprietaria di un immobile da lei acquistato insieme allo stesso. Il convenuto risultava tuttavia essere il solo intestatario del bene. La donna, tempo addietro, aveva sottoscritto insieme al compagno un preliminare di compravendita, ma non aveva partecipato alla stipula del definitivo temendo di perdere il diritto all’assegno di mantenimento che riceveva dall’ex marito. In seguito, attrice e convenuto stipularono oralmente un patto fiduciario in cui il convenuto si impegnava a trasferire in un secondo momento la quota di proprietà dell’immobile alla stessa attrice. Tale patto risultava da una dichiarazione unilaterale sottoscritta dal convenuto. Tuttavia, il convenuto rivendicava la piena ed esclusiva proprietà dell’immobile. Il giudice di primo grado aveva considerato la suddetta dichiarazione unilaterale un atto di disposizione ad effetti reali idoneo a determinare il trasferimento del diritto di comproprietà in capo all’attrice. In senso opposto si erano invece espressi i giudici di secondo grado che avevano ritenuto la medesima dichiarazione solamente una regolazione fra le parti e quindi, secondo il loro giudizio, il convenuto risultava essere proprietario esclusivo dell’immobile.

La Corte di Cassazione, contrariamente al precedente orientamento maggioritario che richiedeva la forma scritta del patto fiduciario ad substantiam se relativo a beni immobili, poiché esso è equiparabile ad un contratto preliminare con l’onere del fiduciante dimostrare l’esistenza di tale accordo scritto, ha ritenuto invece che l’accordo fiduciario non necessiti della forma scritta ai fini della validità, essendo sufficiente la dichiarazione unilaterale redatta per iscritto con cui il fiduciario si impegna a ritrasferire determinati beni al fiduciante in attuazione esplicita di un pactum fiduciae stipulato oralmente, poiché tale patto è assimilabile al mandato senza rappresentanza e configura un atto interno che produce effetti obbligatori tra le parti. Nel contratto preliminare l’obbligazione precede l’effetto reale ed è strumentale al contratto tipico della vendita con causa propria mentre nel patto fiduciario l’effetto reale è precedente all’obbligazione e la vendita trova la propria causa nel contratto fiduciario. La dichiarazione unilaterale sottoscritta dal fiduciario non costituisce fonte dell’obbligazione oggetto del patto fiduciario, ma ha lo scopo di dispensare il fiduciante dall’onere di provare il patto, gravando perciò sul fiduciario l’onere di fornire la prova contraria.

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