La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 32775 dell’8 novembre 2022, ha chiarito che i crediti del defunto contestati giudizialmente al momento dell’apertura della successione ed accertati giudizialmente molto tempo dopo, rientrano nell’attivo ereditario ab origine e che l’imposta di successione dovuta su detti crediti deve essere calcolata utilizzando le aliquote vigenti al tempo dell’apertura della successione. L’obbligo di presentazione della dichiarazione di successione integrativa decorre dal momento del verificarsi della sopravvenienza.

Nel caso in esame, al momento dell’apertura della successione del de cuius, gli eredi non avevano indicato nell’attivo ereditario alcuni crediti poiché oggetto di contenzioso giudiziario instauratosi prima dell’apertura della successione. A conclusione del giudizio, che confermava l’esistenza di tali crediti, gli eredi presentavano regolare dichiarazione di successione integrativa calcolando l’imposta dovuta applicando le aliquote in vigore nel periodo di presentazione di quest’ultima dichiarazione. L’Amministrazione finanziaria, tuttavia, contestava la correttezza del calcolo sostenendo che i contribuenti dovessero fare riferimento alle aliquote in vigore al momento dell’apertura della successione.

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate ritenendo errato il suddetto calcolo ed ha ricordato che, in base al combinato disposto degli artt. 28 comma 7 e 31 comma 2 lett. f) del DLgs. 346/90, nel caso in cui si verifichino sopravvenienze ereditarie, il termine per la presentazione della dichiarazione di successione decorre dalla data della sopravvenienza medesima.

La Corte di Cassazione ha sottolineato che la sopravvenienza ricomprende quei beni e diritti che al momento della morte non fanno parte del patrimonio del de cuius, ma che giuridicamente vi entrano solo in seguito e devono pertanto considerarsi come ereditari. Se all’esito del giudizio ne viene accertata la titolarità in capo al defunto, questi “entrano” nell’attivo ereditario, per effetto dell’art. 12 del DLgs. 346/90, anche se, fino a quel momento, erano stati legittimamente esclusi.

I crediti, giudizialmente contestati al momento dell’apertura della successione e riconosciuti esistenti in data successiva concorrono a formare l’attivo ereditario, con effetto retroattivo, alla data di apertura della successione stessa, quindi detti crediti devono essere oggetto di dichiarazione di successione integrativa solo a seguito dell’accertamento giudiziale, ma applicando le aliquote vigenti al momento dell’apertura della successione e non quelle, più favorevoli ai contribuenti, vigenti al momento dell’accertamento giudiziale del credito medesimo. 

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