Nell’ambito dell’organizzazione del passaggio generazionale, spesso i soci donano azioni o quote ai familiari, conservandosi l’usufrutto sulle stesse partecipazioni cedute, ricorrendo alle agevolazioni previste dal D.lgs. 346/90, che considera esenti dalle imposte di donazione i trasferimenti di partecipazioni di maggioranza in società di capitali effettuati a vantaggio del coniuge e/o dei discendenti, a patto che questi proseguano l’esercizio dell’attività per almeno cinque anni.
In caso di premorienza del soggetto donante si pone però il problema di garantire all’eventuale coniuge superstite un adeguato flusso di cassa.
Il problema potrebbe essere superato attraverso una donazione modale e cioè una donazione che preveda un onere in capo al donatario affinché questo provveda alla costituzione di una rendita vitalizia a favore del coniuge superstite del donante.
Dal punto di vista fiscale, la rendita configura una donazione autonoma da sottoporre a tassazione.
Sentenza della Corte di Cassazione
Secondo quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 29506/2020 «gli oneri da cui è gravata la donazione, che hanno per oggetto prestazioni a soggetti terzi determinati individualmente, si considerano donazioni a favore dei beneficiari» quindi, ai fini dell’imposta di donazione la suddetta rendita vitalizia dovrebbe essere considerata come effettuata dal donante stesso, con conseguente applicazione delle aliquote e delle franchigie previste in caso di trasferimenti tra coniugi.
Tuttavia, tale rendita verrebbe ad oggi tassata in misura eccessiva poiché l’attuale tasso d’interesse legale ha notevolmente incrementato i coefficienti per la determinazione della base imponibile dell’imposta di donazione sulle rendite.
La sottoscrizione invece di un contratto di assicurazione avente come beneficiario il coniuge superstite e il donatario come soggetto obbligato al pagamento dei premi, potrebbe configurare una donazione indiretta assoggettata ad imposta di donazione solo se risultante da atto soggetto a registrazione.
Inoltre gli importi liquidati dalla compagnia assicurativa alla morte del donante non costituirebbero reddito imponibile per la parte a copertura del rischio morte, restando solamente tassabili gli eventuali rendimenti finanziari maturati sui crediti.