Con la risposta a interpello n. 350 del 28 giugno 2022 l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che, relativamente al trasferimento mortis causa di quote di S.r.l., l’opzione sulle stesse esercitata dal socio superstite non ha lo scopo di impedire il trasferimento mortis causa all’erede.

La quota entrerà quindi nel patrimonio dell’erede a seguito della morte del socio defunto e la liquidazione della stessa configurerà un acquisto da parte del socio superstite con estromissione dell’erede dalla compagine sociale. La liquidazione dell’importo di cessione non ha rilievo ai fini dell’imposta di successione.

Secondo le disposizioni vigenti in materia di società a responsabilità limitata, l’atto costitutivo o lo statuto della società possono derogare al principio del libero trasferimento mortis causa delle quote.

Nel caso di specie, gli eredi del de cuius avevano presentato regolare dichiarazione di successione nella quale avevano inserito la quota di partecipazione. Lo statuto della società prevedeva che in caso di morte di uno dei soci, i superstiti avrebbero potuto scegliere di liquidare la quota agli eredi oppure di continuare con gli stessi.

In merito alla possibilità attribuita ai soci superstiti di proseguire con gli eredi ovvero liquidare loro la quota si è espressa anche la Suprema Corte con la sentenza n.3345 del 12 febbraio 2010, nella quale si legge “non ricollega direttamente alla morte del socio l’attribuzione ai soci superstiti della quota di partecipazione del defunto, ma consente che questa entri inizialmente nel patrimonio degli eredi, pur se connotata da un limite di trasferibilità dipendente dalla facoltà degli altri soci di acquisirla, in seguito, esercitando il diritto di opzione loro concesso in tal caso dallo statuto sociale” . Inoltre, con la più datata sentenza n. 3609 del 16 aprile 1994, la Cassazione aveva precisato che “il vincolo che ne deriva a carico reciprocamente dei soci è destinato a produrre effetti solo dopo il verificarsi della vicenda successoria e dopo il trasferimento (per legge o per testamento) delle azioni agli eredi, con la conseguenza che la morte di uno dei soci costituisce soltanto il momento a decorrere dal quale può essere esercitata l’opzione per l’acquisto suddetto, senza che ne risulti incisa la disciplina legale della delazione ereditaria o che si configurino gli estremi di un patto di consolidazione delle azioni fra soci. La clausola, insomma, si caratterizza come atto inter vivos, in quanto tale consentita dalla disciplina legale delle società di capitali, nella misura in cui questa non impedisca di sottoporre a particolari condizioni l’alienazione di azioni o quote di partecipazione societaria”.

Pertanto, l’opzione esercitata dal socio superstite non ha come finalità quella di impedire il trasferimento mortis causa all’erede della quota, che entra nel patrimonio dello stesso a seguito della morte del socio defunto, ma configura un’ipotesi di acquisto della quota da parte dello stesso socio superstite con estromissione dell’erede dalla compagine sociale, a fronte del quale viene corrisposta una somma in denaro.

La cessione di quote sociali con liquidazione dell’importo, quindi, non assume rilievo ai fini successori poiché attiene ad una vicenda che riguarda gli eredi del de cuius come soci della società e non come eredi.