L’Agenzia delle Entrate, nella risposta ad interpello n. 262 pubblicata il 13 maggio 2022, ha chiarito che se una quota di una società a responsabilità limitata dotata solamente in parte del diritto di voto viene trasmessa per successione o donazione, l’esenzione di cui all’art. 3 comma 4-ter del D.lgs. 346/90 trova applicazione limitatamente alla parte di quota dotata di diritto di voto, se consente ai beneficiari di acquisire oppure integrare il controllo, ai sensi dell’art. 2359 comma 1 c.c.

Il DL 179/2012, come modificato dal DL 50/2017, all’art. 26 ha esteso alle S.r.l. la possibilità, già concessa alle società per azioni, di suddividere il capitale sociale in categorie di quote che, alternativamente: non attribuiscono il diritto di voto, attribuiscono il diritto di voto in misura non proporzionale all’entità della quota oppure attribuiscono il diritto di voto limitatamente a particolari argomenti o subordinatamente al verificarsi di particolari condizioni non meramente potestative.

Il caso di specie riguarda il regime fiscale da applicare alla futura successione di partecipazioni di una costituenda holding familiare, che sarà caratterizzata dalla previsione statutaria di diverse categorie di quote, come consentito dall’attuale normativa delle società a responsabilità limitata.

Secondo il contribuente istante, in base al principio di unitarietà della quota, sarebbe applicabile l’esenzione dall’imposta per il trasferimento di una partecipazione rappresentata in minima parte da una quota avente diritto di voto e per la maggior parte da una quota priva di tale diritto.

L’Agenzia delle Entrate, richiamando alcuni documenti di prassi e la sentenza n. 120 del 23 giugno 2020 della Corte costituzionale, ricorda dapprima che mediante tale esenzione il legislatore ha voluto favorire il passaggio generazionale delle aziende di famiglia, a condizione, tuttavia, che i beneficiari proseguano l’attività d’impresa o mantengano il controllo della società, per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento.

Tale esenzione “non è destinata direttamente all’impresa ma ad agevolarne la continuità a favore dei discendenti nel momento del passaggio generazionale”.

In astratto, anche la finalità perseguita dall’agevolazione in oggetto, con riguardo all’aspetto inerente alla continuazione dell’attività produttiva, potrebbe rispondere all’esigenza di evitare che il peso delle imposte nel momento della successione possa generare difficoltà finanziarie tali da mettere in pericolo la sopravvivenza dell’impresa, con una conseguente perdita dei posti di lavoro e ulteriori ripercussioni sul tessuto economico“.

L’Amministrazione finanziaria nella sua risposta prosegue inoltre richiamando a sua volta l’art. 2468 comma 1 del c.c., che sancisce principio di unicità della quota secondo il quale le partecipazioni dei soci non possono essere rappresentate da azioni.

Tale articolo non risulta derogato dalla riforma introdotta dal D.L. 50/2017.

Ne consegue quindi che le singole categorie di quote fornite di diritti diversi non costituiscono una frazione di una partecipazione unitaria, bensì rappresentano ciascuna una quota di partecipazione del socio che la detiene, alla quale conseguono diritti diversi (amministrativi o patrimoniali).

Alla luce di quanto precede L’Agenzia delle Entrate ritiene che l’esenzione possa essere invocata in sede di dichiarazione di successione solo in relazione al trasferimento mortis causa delle categorie di quote di partecipazione che consentono ai beneficiari di acquisire oppure integrare il controllo, ai sensi dell’art. 2359, primo comma, n. 1 c.c. acquisendo la maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria. L’esenzione non trova applicazione, invece, per le categorie di quote che non attribuiscono il diritto di voto.

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