1. Premessa
Con la Risposta n. 175 del 4 luglio 2025, l’Agenzia delle Entrate è tornata ad affrontare il tema della tassazione delle plusvalenze realizzate da un trust estero opaco in relazione alla cessione di partecipazioni in una società estera il cui patrimonio è costituito da immobili situati in Italia.
2. Il caso oggetto dell’interpello
Il trust istante, non residente e opaco ai fini delle imposte dirette, deteneva l’intero capitale di una società svizzera, priva di stabile organizzazione in Italia e proprietaria – da oltre cinque anni – di un immobile ad uso abitativo situato in Italia. Il trust intendeva cedere a terzi le quote della società e successivamente attribuire il ricavato ad alcuni beneficiari residenti in Italia.
L’istanza chiedeva in particolare:
1. se la plusvalenza generata dalla cessione delle quote fosse da considerarsi prodotta in Italia ai sensi dell’art. 23, comma 1-bis, TUIR;
2. e se la successiva distribuzione ai beneficiari italiani dovesse essere soggetta a imposizione in Italia.
3. Il quadro normativo richiamato
L’Agenzia ricorda che:
– l’art. 23, comma 1-bis, TUIR (introdotto dalla L. 197/2022) considera prodotti in Italia i redditi diversi derivanti dalla cessione di partecipazioni in società o enti non residenti il cui valore, per più della metà, derivi da beni immobili situati nel territorio dello Stato;
– l’art. 68 TUIR disciplina il criterio di determinazione della plusvalenza, quale differenza tra corrispettivo di vendita e costo di acquisto della partecipazione;
– tali redditi sono soggetti a imposta sostitutiva del 26% ai sensi dell’art. 5, comma 2, del D.Lgs. 461/1997.
4. La posizione dell’Agenzia
Nel caso esaminato, l’Amministrazione finanziaria ha precisato che:
– la plusvalenza derivante dalla cessione delle partecipazioni della società estera rientra tra i redditi diversi di natura finanziaria, fiscalmente rilevanti in Italia ai sensi dell’art. 23, comma 1-bis, TUIR;
– l’eventuale imposizione in Italia non è in contrasto con la Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Stati Uniti, la quale riconosce allo Stato della fonte il diritto di tassare le plusvalenze derivanti dall’alienazione di beni immobili (art. 13 e relativo Protocollo);
– la doppia imposizione dovrà essere eventualmente risolta nello Stato di residenza del trust.
L’Agenzia ha inoltre chiarito che i quesiti relativi alla tassazione delle attribuzioni ai beneficiari residenti non sono ammissibili in sede di interpello, poiché non riguardano direttamente la posizione tributaria del trust istante.
5. Implicazioni operative
Dal documento emerge che, anche quando l’immobile italiano è posseduto indirettamente tramite una società estera, la cessione delle partecipazioni può generare in capo al trust non residente una plusvalenza imponibile in Italia. La verifica richiesta dall’art. 23, comma 1-bis, TUIR, deve essere condotta valutando se oltre la metà del valore della partecipazione derivi da beni immobili situati in Italia.
Per i soggetti fiduciari e per i professionisti che gestiscono trust esteri, è pertanto necessario:
– monitorare la composizione patrimoniale delle società partecipate, anche non residenti;
– considerare l’eventuale imposizione in Italia delle plusvalenze da cessione;
– valutare, in sede di pianificazione, l’impatto convenzionale e la qualifica del Paese di residenza del trust ai sensi dell’art. 47-bis TUIR (regimi fiscali privilegiati).
6. Conclusioni
La Risposta n. 175/2025 consolida l’orientamento secondo cui la tassazione in Italia delle plusvalenze immobiliari indirette si estende anche ai soggetti non residenti, inclusi i trust opachi esteri, quando l’investimento sottostante ha natura immobiliare italiana. L’analisi della struttura del patrimonio e la corretta qualificazione fiscale del trust restano elementi essenziali per prevenire duplicazioni d’imposta e contenziosi interpretativi.