La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 37064 del 19 dicembre 2022, in tema di rinuncia all’eredità, ha chiarito che “atteso che la responsabilità per il debito tributario del de cuius presuppone l’assunzione della qualità di erede e, inoltre, che la rinuncia all’eredità produce effetto retroattivo ex art. 521 cod. proc. civ., il chiamato rinunciante non risponde di tale debito, ancorché quest’ultimo sia portato da un avviso di accertamento notificato dopo l’apertura della successione e divenuto definitivo per mancata impugnazione. In tale evenienza, legittimamente il rinunciante può far valere, in sede di opposizione alla cartella di pagamento, la propria mancata assunzione di responsabilità per il debito suddetto”.

Nel nostro ordinamento, l’apertura della successione non comporta l’acquisto automatico della qualifica di erede ma soltanto quella di chiamato all’eredità: soltanto ove avvenga l’accettazione, anche tacita, il chiamato si considera erede.

In caso di rinuncia all’eredità, il soggetto è come se non fosse mai stato chiamato, con la conseguenza che per effetto della rinuncia viene impedita retroattivamente l’assunzione di responsabilità per i debiti facenti parte dell’asse ereditario. Ciò comporta che il chiamato all’eredità che vi ha rinunciato non può essere mai considerato erede, neppure nell’arco temporale che intercorre tra l’apertura della successione e la propria rinuncia.

Di conseguenza, in ipotesi di giudizio, spetta a chi agisce l’onere di provare l’assunzione da parte del convenuto della qualità di erede.

Nel caso di specie la Commissione Tributaria Regionale di Palermo aveva accolto un appello proposto da contribuenti chiamati per legge all’eredità che avevano impugnato una cartella di pagamento fondata su un avviso di accertamento, ormai divenuto definitivo, riferito ad un debito fiscale del de cuius, la cui eredità era stata oggetto di rinuncia da parte dei ricorrenti. L’Agenzia delle Entratesi rivolgeva quindi alla Cassazione lamentando che il giudice di secondo grado avesse erroneamente ritenuto che la rinuncia all’eredità esonerasse i soggetti da ogni responsabilità per i debiti tributari del de cuius invalidando quindi l’avviso di accertamento, emesso successivamente alla rinuncia stessa, anche in assenza di impugnazione dinanzi al giudice tributario.

La Suprema Corte ha respinto il ricorso osservando che la notifica di un avviso di accertamento al chiamato all’eredità che non l’ha ancora accettata, non possa avere l’effetto di precludergli questa stessa possibilità. L’avviso di accertamento non può dunque considerarsi definitivo nei confronti di un soggetto, solo potenzialmente legittimato passivo dell’imposta, nel momento in cui venga accertato che tale potenzialità sia rimasta tale e anzi sia definitivamente venuta meno.

La Cassazione quindi chiarisce che “proprio nella deduzione in giudizio da parte degli intimati della rinuncia all’eredità, e della sua efficacia retroattiva, era insito il fondamentale e dirimente motivo di opposizione alla cartella: la stessa era infatti basata su un avviso di accertamento notificato allorquando essi avevano ormai rinunciato all’eredità e la cui definitività, conseguentemente, non poteva intaccare (ex art.521 cod. civ.) la loro personale estraneità alla responsabilità tributaria facente capo al de cuius, né pertanto produrre un titolo esecutivo ad essi opponibile”.

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