La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 14063 del 27 maggio 2025, ha chiarito che la revoca di un testamento annulla la vocazione ereditaria iniziale e priva di efficacia anche un’eventuale accettazione implicita. Di conseguenza, viene meno il presupposto per l’imposizione tributaria ed il precedente chiamato non è tenuto presentare la dichiarazione di successione. Se quest’ultimo però l’abbia già presentata nel tempo intercorrente tra la pubblicazione del primo e del secondo testamento, l’Agenzia delle Entrate non può notificargli l’avviso di liquidazione dell’imposta di successione poiché egli ha perso la propria qualifica con effetto retroattivo al momento di apertura della successione.

Nel caso di specie l’Agenzia delle Entrate aveva notificato ad un contribuente un avviso di liquidazione relativo al versamento di un’imposta di successione. Il ricorrente era stato nominato erede universale della Sig.ra M.M. con un testamento pubblicato il 29 gennaio 2020 ed aveva presentato la relativa dichiarazione di successione nei termini di legge. Il contribuente impugnava l’avviso, sostenendo la propria qualità di mero chiamato all’eredità ed eccependo l’insussistenza del presupposto impositivo poiché non solo non aveva accettato l’eredità ma dopo l’apertura della successione erano stati pubblicati due ulteriori testamenti olografi nei quali veniva designato erede un terzo soggetto, il quale aveva accettato l’eredità presentando a sua volta la relativa dichiarazione di successione. I giudici della Corte di primo grado di Roma rigettavano il ricorso mentre la Corte di Giustizia Tributaria di secondo Grado del Lazio accoglieva l’appello. L’Agenzia delle Entrate proponeva dunque ricorso per Cassazione. Il contribuente, dunque, ribadiva in tale sede che il primo testamento era stato revocato da atti successivi e, dunque, non era efficace a fondare una chiamata ereditaria valida ai fini impositivi. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate.

Nonostante il soggetto passivo dell’imposta di successione sia l’erede, l’obbligo di presentare la relativa dichiarazione grava sul chiamato all’eredità e cioè su colui che può divenire erede accettando l’eredità. Questo iter è previsto dalla vigente normativa per soddisfare l’esigenza erariale ad un sollecito incasso, evitando una dilatazione dei tempi ed evitando situazioni incerte.

La Suprema Corte nella sua decisione evidenzia che il primo testamento in favore del ricorrente era stato successivamente revocato da due testamenti olografi che nominavano erede un altro soggetto. La suddetta revoca era palese poiché i testamenti successivi attribuivano specificamente i beni a un altro erede e uno di essi conteneva anche una revoca espressa. La revoca del testamento è un atto unilaterale che comporta effetti retroattivi ed annulla la validità giuridica delle disposizioni precedenti fin dall’apertura della successione. Conseguentemente, anche un’eventuale accettazione da parte del primo chiamato è priva di efficacia.

La Cassazione stabilisce quindi il seguente principio: “chi figura in un testamento poi revocato non può essere considerato tra i successibili. Non può dunque divenire soggetto passivo dell’imposta di successione. La presenza di un testamento posteriore legittimo e opponibile determina la nullità giuridica del primo, privando di rilevanza anche la dichiarazione di successione eventualmente presentata dal primo nominato”.

A cura di Marianna Canetti Florenzi Serafini – Procuratore di Galvani Fiduciaria

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