La Corte d’Appello di Firenze ha emesso, in data 17 marzo 2025 nella causa n. r.g. 974/2023, un’ordinanza in cui ha affermato che la titolarità di un bene immobile ricompreso nel patrimonio di una società a responsabilità limitata cancellata dal registro delle imprese deve essere individuata in capo ai soggetti fiducianti proprietari delle quote della società cancellata e non in capo alla società fiduciaria che amministrava le stesse.
Nel caso in oggetto il pilota ed il passeggero di un velivolo morivano in un incidente aereo. La moglie e la figlia del passeggero instauravano quindi un giudizio civile di risarcimento danni contro le eredi del pilota. Dette eredi, prima dell’udienza di precisazione delle conclusioni del primo grado del giudizio, cedevano un complesso immobiliare e precisamente un fabbricato costituito dall’abitazione di famiglia e da un fondo artigianale adibito a centro estetico e palestra a due società a responsabilità limitata. Le quote di una delle due società erano detenute al 95% da una società fiduciaria. La casa di abitazione era stata poi ulteriormente trasferita dalla società fiduciariamente partecipata alla figlia, all’epoca poco più che ventenne. Dopo il trasferimento della sede sociale, la predetta società veniva messa in liquidazione e cancellata dal Registro delle Imprese. Le ricorrenti instauravano il suddetto giudizio, domandando l’accertamento, ai sensi di quanto previsto dall’art.2495 cod. civ., della simulazione assoluta degli atti di cessione degli immobili, anche nei confronti della fiduciaria. Quest’ultima, costituitasi, eccepiva dunque la propria carenza di legittimazione passiva. Il Tribunale di Pisa, in primo grado, riteneva che la società fiduciaria fosse legittimata passiva sottolineando che i soci di una società cancellata succedono nei rapporti attivi e passivi della società stessa. La fiduciaria impugnava quindi la sentenza n. 1365/2022 davanti alla Corte d’Appello di Firenze eccependo la propria carenza di legittimazione passiva e sostenendo che il fiduciante era l’unico soggetto al quale sia riconducibile la titolarità dei suddetti beni immobili. L’attività istituzionale della società fiduciaria è infatti quello di gestire i beni in nome proprio ma per conto di terzi i quali restano gli effettivi proprietari degli stessi. I giudici di secondo grado accoglievano quindi l’appello ricordando che una società fiduciaria esercita professionalmente la propria attività ai sensi della Legge 1966/1939 e successive disposizioni normative in forza di un contratto di mandato senza rappresentanza conferito dalla propria clientela. La peculiarità del rapporto consiste nella separazione tra la titolarità della proprietà, che resta in capo al fiduciante, e la legittimazione all’esercizio dei diritti correlati che vengono esercitati dalla società fiduciaria. Un’eventuale responsabilità della fiduciaria in sede di contenzioso è solamente ravvisabile nelle ipotesi in cui in cui la domanda abbia ad oggetto direttamente l’attività gestoria svolta dalla società stessa, ma non può invece essere ritenuta sussistente se si riferisca ad eventi concernenti la titolarità sostanziale del bene in relazione al quale la domanda viene avanzata.
Affermare quindi che la fiduciaria fosse colei che, quale socia, avrebbe assunto il ruolo di parte sostanziale ai sensi dell’art. 2495 c.c. è errato: l’unico legittimato passivo è il fiduciante “che ben poteva essere individuato dalle attrici secondo la loro stessa ricostruzione dei fatti tanto è vero che hanno indicato più persone nella richiesta ex art. 210 c.p.c. avanzata al Giudice così dimostrando che la Società Fiduciaria avrebbe dovuto essere citata quale formalmente intestataria della partecipazione ma che altri erano i titolari del diritto di proprietà”. Inoltre, non aver adempiuto all’ordine di esibizione disposto dal giudice di prime cure non poteva essere valorizzato, dal momento che il tribunale di Pisa non aveva direttamente chiesto chi fossero i fiducianti ignorando “il problema che sorgeva per la fiduciaria nei confronti del fiduciante ove la richiesta fosse stata generica o come si dice ad explorandum, e per di per sé inammissibile”. “Solo la mancata eventuale risposta all’ordine di far conoscere se il soggetto o i soggetti indicati fossero i fiducianti avrebbe potuto essere valutata dal Giudice ex artt. 116-118 e 210 c.p.c.; non certo la mancata risposta ad un ordine generico rivolto ad un soggetto che è stato citato quale parte sostanziale ma che tale non è”.
A cura di Marianna Canetti Florenzi Serafini – Procuratore di Galvani Fiduciaria